Il Baratuciat è un vitigno autoctono piemontese, piuttosto raro. La sua coltivazione è infatti limitata alla Val Cenischia e alla Val di Susa. Il suo nome particolare sembra derivare da un’espressione dialettale, per la forma allungata delle sue bacche. E’ un vitigno vigoroso e resistente alle avversità. Il vino al naso ricorda i fiori bianchi, con note minerali e sentori di ananas e mela verde.
La sua bassa diffusione fa sì che vi siano pochissimi produttori a coltivarlo e sono molto rare le versioni in purezza.
Comunque, da quando è stato riscoperto, molte aziende si stanno cimentando in sperimentazioni con il Baratuciat ed il riconoscimento del Baratuciat in purezza per la DOC Valsusa va nella direzione di promuoverne la diffusione.
La sua riscoperta è stata del tutto casuale nel 1991, prima di abbattere una vecchia pergola d’uva un abitante di Almese, ne mise da parte alcune marze che affidò ad un vivaista per l’innesto su vite americana (per evitare la ricomparsa della fillossera). Le “barbatelle” furono messe a dimora e successivamente vinificate si avviava così una piccola produzione destinata al consumo durante i pasti in famiglia.
Il vino cominciò a riscuotere un notevole apprezzamento, anche all’interno degli incontri e delle cene organizzate da un’associazione locale che promuoveva i piatti tipici della Val di Susa.
Fu così che vennero impiantate settecento barbatelle e furono affidate alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino.
Successivamente venne coinvolto il C.N.R. per le opportune ricerche storiche ed in vigna, mentre per la vinificazione ci si affidò alla cantina sperimentale presso il Centro Bonafous di Chieri, per trovare il giusto equilibrio.
Dopo vari esperimenti si appurò che la vinificazione in bianco, che avviene cioè senza la macerazione delle bucce, era quella che garantiva i migliori risultati, pur essendo una procedura piuttosto delicata, in quanto occorre assolutamente evitare fenomeni di ossidazione dovuti al contatto con l’aria e porre grande attenzione alla temperatura, che deve essere fresca e costante.
SPUMANTE METODO CLASSICO
ALTA LANGA
Il Pinot Nero francese base degli Spumanti in Metodo Classico, era già impiantato attorno al 1850 dal Marchese Leopoldo Incisa che aveva impiantato diversi vitigni francesi nella sua collezione ampelografica localizzata nei vigneti di Rocchetta Tanaro, in quella che allora era la provincia di Alessandria (che includeva anche Asti). Questi non erano ben visti dai viticoltori locali. L’avversione dei contadini verso i vitigni, fece che non si trovasse nessun agricoltore disposto a coltivarli.
Carlo Gancia, però, aveva favorito la diffusione dei Pinot e Chardonnay tra i viticoltori del circondario di Canelli per averne una certa quantità da impiegare nella produzione dei suoi spumanti.
Con il Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte, del quale la denominazione “Alta Langa” è nata, l’industria spumantistica piemontese.
Si è dimostrato che le colline piemontesi dove la vite aveva nel tempo sedimentato una presenza significativa e duratura, disponevano anche della vocazione per le varietà specializzate alla produzione di spumanti Metodo Classico. La stessa strategia della vendemmia, basata essenzialmente sulla manualità dell’operazione e sulla raccolta esclusiva delle uve in piccole cassette forate utilizzate anche per il convogliamento alla vinificazione, comporta un impegno specifico, a volte anche rilevante che ripaga con un prodotto che rappresenta gli spumanti piemontesi eccellenti nel mondo.
La denominazione di origine controllata e garantita “Alta Langa”, è riservata ai vini spumanti, ottenuti dalle uve provenienti da vigneti aventi nell’ambito aziendale la seguente composizione ampelografica: vitigni Pinot nero e/o Chardonnay dal 90 al 100%.
Per il complessivo rimanente 10% possono concorrere alla produzione di detti vini, le uve provenienti dai vitigni non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Piemonte.
La zona di produzione delle uve destinate all’ottenimento dei vini spumanti “Alta Langa” è costituita dalle particelle fondiarie di collina e di spiccata vocazione viticola situate, nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria.
Le Uve devono essere esclusivamente collinari. Sono da escludere categoricamente i terreni di fondovalle, umidi e pianeggianti;
Altitudine: non inferiore a metri 250 s.l.m.
Forme di allevamento e sistemi di potatura: quelli tradizionali, controspalliera bassa con potatura a Guyot tradizionale o cordone speronato;
Alta Langa” spumante anche riserva
Spuma: fine e persistente
Colore: da giallo paglierino tenue ad oro intenso
Odore: fragrante, complesso, caratteristico della rifermentazione in bottiglia
Sapore: sapido, fine ed armonico
Abbinamenti: Antipasti sia di terra che di mare, Primi piatti Salsati, Pesce al Forno, Zuppe, Carni Bianche e Formaggi di Media Stagionatura